Calciopoli, una cosa ‘organizzata’

Calciopoli è talmente presente nell’immagine del nostro calcio degli ultimi dieci anni che non serve rievocarlo: però non va neanche dimenticato, perché altrimenti non impariamo niente. Però Calciopoli era una cosa talmente complicata, “organizzata”: no, quel giorno (Inter-Cagliari, ndr) mi riferivo a distrazioni, cattiva forma, forse anche antipatia – ci sta di essere antipatici, e lo dico senza vittimismo – e sfortuna: il problema è che l’Inter era stata un po’ troppo sfortunata. Non lunedì a Parma, dove abbiamo perso e l’arbitro è stato bravissimo.

Massimo Moratti, in un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport a margine della presentazione di Inter Campus all’Organizzazione delle Nazioni Unite, a New York.

Juve no comment, la ‘non’ replica a Moratti

Quel ‘No comment’ vale più di mille riassunti su Calciopoli. L’Inter subisce un torto arbitrale – per quanto riproducono le immagini di Sky, Rai e Mediaset il rigore era assolutamente rivendicabile da parte nerazzurra -, il presidente Massimo Moratti inveisce all’indirizzo dell’arbitro (in questo caso Giacomelli) ed esterna timori alludendo a “… situazioni che ho già vissuto in passato e dopo tanti anni non vorrei ritrovarmi in queste situazioni”.

“Non mi piace rientrare in situazioni del passato. Il rigore oggi era
grande come una casa, non scherziamo”, afferma. “In quelle partite è andato tutto bene a nostro favore? Voi le vedete le partite, io sono di parte, e sono danneggiato, mi sembra sia il caso di dirlo e siamo arrabbiati. Disegno? Macchè. È l’incapacità. Se ci fosse un disegno sarebbe gravissimo”. “Con la Juve abbiamo vinto per grazia di Dio, a Bergamo il rigore che definisco dubbio soltanto per far piacere alla classe arbitrale. E poi oggi una situazione assurda che certi commentatori televisivi in virtù della loro esperienza juventina hanno detto che non era rigore”. Infine, l’attacco all’intera categoria delle giacchette che potrebbe riservare delle conseguenze: “Pretendiamo più rispetto da arbitri e classe arbitrale. Serviva un fischietto internazionale? Se dicono di fare certe cose le può fare chiunque”.

Quanto emerso dal processo di Napoli non assume alcuna valenza, come le altre sentenze pronunciate da tribunali in questi anni seguiti all’estate del 2006. Compare quel comunicato. E’ una replica che assume la valenza di una controffensiva, una difesa delle scelte effettuate dalla presidenza Agnelli. E’ la relazione, in 72 pagine, su quegli illeciti imputabili all’Inter emersi e che, caduti in prescrizione, non potranno essere perseguiti dalla procura federale. Per quanti non avessero dedicato giusta attenzione a questo atto, firmato da Stefano Palazzi, è consultabile qui: Relazione procura FIGC 07-11.

Cassano a Tagliavento: “Ti stiamo parlando con educazione e tu fai il fenomeno e vai via?”

“Tagliavento perché non vuoi ascoltare? Ti stiamo parlando e fai finta di niente. Ti stiamo parlando con educazione e tu fai il fenomeno e vai via?”.

La commedia all’italiana deve a Cassano il recupero del valore sociale, nella teatralità sacra della rappresentazione calcistica, di una maschera, quella di un personaggio così nostrano, così esteso dal calcio alla politica dello sprecone. Del talentuoso del dribbling, del narratore estremo dell’estetica in una veronica, dell’arrogante e dello spavaldo che esalta con gesti tecnici squisiti per poi affondare (e deludere in alcuni casi) al momento in cui gli tocca discutere con arbitri, allenatori, presidenti, dirigenti. FantAntonio delle meraviglie ci ha introdotto all’impulsività incontrollata, in alcune circostanze, al pentimento e al timore di ricadere, da genio del pallone, nelle medesime ed eccessive accensioni. Contro Tagliavento (che di suo ha già dato molto in quel Juve-Inter di sabato sera) attendiamo di comprendere se queste esternazioni, raccolte dalle telecamere Sky nel tunnel (e messe a referto, quasi certamente) avranno delle conseguenze. Nella fenomenologia (il doppio senso è evidente) di Cassano, ricordiamoci di aggiungere anche questo.

L’incontinenza di Moratti: Juve, Inter, errori arbitrali

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Nella tregua armata inscenata tra Juventus e Inter credevano i fiduciosi oltranzisti, i sostenitori di tavoli della pace senza arbitri equidistanti. Riponevano – i buonisti del calcio moderno – aspettative mal celate come se una prodigiosa operazione di marketing commerciale potesse fagocitare una rivalità annosa, inquinata da vicende all’italiana, cioè condita da conflitti di interesse, inchieste giudiziarie poi rivelatisi incomplete o parziali con molteplici declinazioni. Diciamocelo semplice: ci aspettavamo che Massimo Moratti un colpetto, una stoccata, una frecciatina la tirasse all’indirizzo del giovin signore e della di lui famiglia. Gli Agnelli, si intenda.

E sono arrivate. Frasi che squarciano quel velo di Maya adagiato malamente su quelle fantastiche affermazioni peace&love per creare chissà quale sedimento comune tra Milano e Torino. In due distinte occasioni, nel post Juve-Inter, il presidente della società di corso Vittorio Emanuele risponde in circostanze pubbliche ovvero interviste a Premium e a Telelombardia in cui ribadisce che quegli episodi che avrebbero favorito la Juventus minacciano il ritorno di un Medioevo arbitrale.

“Dopo 17 secondi prima mi sono preoccupato che eravamo partiti male, poi quando ho visto il fuorigioco ho pensato alla solita storia: sono stati bravi i giocatori a reagire ad un’ingiustizia di quel tipo”. “Stramaccioni non ha bisogno di confronti con Mourinho: è bravo e basta, è sorprendente – ha aggiunto Moratti a Serie A live -. Sapevo che avrebbe schierato il tridente da tre giorni. Ora sono felice perché da una stagione che sembrava di passaggio, ora si fa interessante, ma aspettiamo a parlare di obiettivi scudetto”.

“Fa parte degli errori, e non ce l’ho con la Juve, errori continui da parte degli arbitri, possono succedere ma bisogna fare molta attenzione, errori così non possono permetterseli”, ha spiegato il presidente a Telelombardia. “Il primo errore sul gol in fuorigioco è grave, il secondo è voluto, bastava interessarsene e veniva fuori l’espulsione. Tagliavento? Non ne faccio un fatto personale. Chi è giudice in queste occasioni deve essere bravo, ieri è ingiustificato soprattutto il secondo errore”.

Tagliavento è l’arbitro del gol di Muntari. Delle manette di Mou. Era il suo primo derby d’Italia. Nulla di personale nei suoi confronti.

Narducci e le nuove intercettazioni: “Facchetti non era come Moggi”

Giuseppe Narducci non intende tacere. Non ha mai riservato per sé riflessioni né in merito a quel processo penale imbastito a Napoli, né sulle vicende politiche che lo hanno interessato nella sua breve e circoscritta esperienza come assessiore della giunta de Magistris, a Napoli. Lo sceriffo (così era stato soprannominato), in aspettativa, su decisione del Csm vestirà il ruolo di giudice al Tribunale di Perugia.

Di quel processo, delle sue incongruenze, delle ombre su un processo controverso e discusso soprattutto fuori dalle aule, rimarrà il suo libro “Calciopoli, la vera storia” in cui viene tratteggiata anche la figura di Luca Maggiani, il guardalinee reo di aver fatto esplodere il caso in Catania-Juventus. Le sue parole rilasciate in un’intervista a Fc Inter 1908 sono forse addirittura più provocatorie di quanto si potrebbe prevedere, per quanto concerne le parti juventine.

SUL CASO INTER E NUOVE INTERCETTAZIONI – “L’affermazione secondo la quale tutti direbbero le stesse cose nei colloqui è un falso clamoroso. Non si fa i conti con la qualità delle conversazioni, che ha confermato fino a questo momento quelle che sono state le condanne. Queste conversazioni sono totalmente diverse dalle conversazioni che non avevano nessun tipo di rilievo come illecito penale. Come hanno appunto confermato le sentenze.”

CASO MAGGIANI – “Era Lazio- Bologna del 2004 e Maggiani era assistente di gara. Nell’ambito di quelle telefonate, Maggiani rientrava nella categoria degli “amici”, cioè persone nei confronti delle quali operare un trattamento giornalistico positivo. Maggiani non è mai stato indagato, nè imputato, ma queste indicazioni ci hanno permesso di operare un’attenta ricostruzione dei fatti e degli atteggiamenti di determinate persone, confrontando tutte le cose che sapevamo. Oltre ad avere l’importanza di dimostrare che uno dei modi per fare carriera in serie a e b era quello di essere soggetti proprio a questo trattamento mediatico”

CALCIO – “Penso che la vicenda sia chiusa. I problemi però rimangono (Calcio scommesse). Dal punto di vista sportivo la giustizia deve esprimersi e produrre risultati. I segnali sono sconfortanti. Che cosa è stato messo in atto dalle società e dal sistema calcio ? Quali contromisure sono state adottate per evitare che si riproponga il problema? I provvedimenti della giustizia non sono la soluzione definitiva. Credo che in futuro il problema si riproporrà”.

Calciopoli, prescrizione e Moratti

L’episodio di Catania una certa impressione l’ha fatta, ma non voglio acuire la già non grande simpatia tra le due tifoserie per evitare cose pericolose. Abbiamo visto e sentito giornali e media sottolineare questa cosa assurda, questo doppio, triplo errore. Dobbiamo solo sperare che non si ripresentino errori così gravi. 

Fino al 2006 abbiamo avuto una terrificante esperienza, con tanti risvolti, che è rimasta dentro tutti. Qualcuno lo dimentica ma è bene ricordarselo, perché è una macchia spaventosa. In ogni caso non credo che l’attuale dirigenza della Juventus si sia organizzata in quel modo. Potevamo essere più vicini in classifica? Ci hanno pensato tutti, anche il Napoli, ma la cosa è ‘drammaticamentè di ieri e in qualche giorno passerà. L’errore può nascere dal fatto che troppe persone devono decidere e quelli che sembrano tanti secondi in realtà non lo sono. Ripetere la gara? Pulvirenti ha ragione ad essere arrabbiato, ma non voglio dare un parere.

Non credo che la nuova società Juve si sia organizzata in quel senso, in questo caso i responsabili sono gli arbitri e i guardalinee. E poi, se si deve prendere una decisione decida solo una persona, si prenda la responsabilità uno soltanto. Quaranta secondi per sentire quattro persone diverse non bastano. Concentriamoci e rimaniamo a quello che dobbiamo fare noi e vedrete che saremo rispettati”.

Massimo Moratti, presidente dell’Inter, all’assemblea dei soci.

La prescrizione di Abete e la costante Calciopoli

 Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Nell’Italia montiana del richiamo etico e politico alla sobrietà andrebbe collocata anche questa odierna disputa tra innocentisti, revisionisti e i soliti cerchiobottisti pronti a non scollarsi dalle poltronissime. Christian Vieri è un giocatore dell’Inter (o Internazionale, se gradite) al quale il Tribunale di Milano riconosce di aver subito una lesione dei propri diritti da commisurare in un milione di euro, risarcimento ritenuto congruo e adeguato dal giudice. Vieri è stato spiato, attraverso pedinamenti e tabulati telefonici come ha in diverse sedi giudiziarie e non asserito l’ex responsabile della security e di Pirelli prima e di Telecom Italia poi, Giuliano Tavaroli. Esperto di sicurezza privata, a capo di quel gruppo interno alla società definito Tiger Team e costituito da professionalità di alto profilo.

Tavaroli ribadisce di aver incontrato de visu il presidente dell’Inter, Massimo Moratti il quale ha incarico l’ex dirigente che ha patteggiato una condanna a 4 anni e 2 mesi, ricordiamo, per conferirgli l’incarico. Una consulenza relativa all’attaccante forse troppo distratto o forse no, comunque monitorato a sua insaputa e, stando alla sentenza a favore del giocatore, illegale.

Giancarlo Abete, presidente della Figc a cui rimanda anche la procura federale, si è affretato a contenere l’esagitazione giornalistica – quella sana, quella delle domande giuste – menzionando quell’assurdità tutta italiana, tutta circoscritta all’ambito del diritto sportivo che corrisponde alla prescrizione. Quella che ha già esentato dal rispondere su questioni emerse dalla famigerata relazione di Stefano Palazzi in cui veniva indicata la pratica delle telefonate anche da parte di uomini della dirigenza nerazzurra, a partire da quella intercettazione diffusa in Rete e divenuta di uso e consumo televisivo tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo.

Nessuno è innocente, esistono solo diversi gradi di responsabilità. Che fanno individuati e ai quali si deve attribuire la fattispecie corretta per valutare se e quanta gravità ci sia in quei comportamenti. Trascuriamo il trattamento speciale riservato a Moratti quando fu il procuratore federale a recarsi a Milano per discutere con il presidente interista. Trascuriamo certe altre vicende. La magistratura in toto, oggi, acquisisca questi elementi e abbia il medesimo approccio agli eventi che può e deve rivendicare per fornire quelle risposte, per ripristinare quella legalità perduta.

Il calcio non si risolverà se non nel marciume che ci costringiamo a sopportare altrimenti, tra calendari in bilico e assurdità formali. Se si potessero applicare le leggi della dinamica, la linearità sarebbe trasparente accessibile alla comprensione di chiunque e non si discuterebbe perché ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ci si atterrebbe alle regole, semplicemente.

Tavaroli: “Moratti mi chiese di controllare Vieri”

C’è un presidente di una federazione che tiene una lezione. Di diritto, di diritto sportivo. Con perizia chirurgica, rammenta agli interlocutori la specificità nel sistema vigente dell’istituto della prescrizione.

C’è un ex dirigente, esperto di sicurezza privata e prima ancora uomo di Stato, che squarcia un silenzio oneroso su una scabrosa vicenda di dossieraggio illegale in cui sono stati inclusi personaggi pubblici, esponenti della società civile, calciatori. Di una società calcistica riconducibile al gruppo per cui si occupa di security.

C’è un ex calciatore che ha intentato una causa civile, vincendola contro la suddetta società calcistica e l’azienda di telecomunicazioni che avrebbe concorso a commettere tali fatti illeciti.

Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio a cui riferisce anche una procura, contiene lo strabordante effetto Vieri scaturito dalla sentenza che condanna a un risarcimento di un milione di euro l’Inter e Telecom Italia. ”Una valutazione sul caso Vieri, se richiesta, sara’ fatta dagli organi competenti. Comunque parliamo di fatti per cui la prescrizione sarebbe scattata a livello societario nel 2007 e per quanto riguarda le persone fisiche nel 2010”. Archiviazione, prescrizione, non competenza.

Giuliano Tavaroli, ex responsabile della sicurezza di Pirelli e TI, l’esecutore del controllo. Commissionato dal presidente dell’Inter. “Di controllare Vieri – ha ribadito a La Zanzara su Radio24 – me lo chiese Moratti di persona, non al telefono. Le operazioni poi sono state fatte da un fornitore, la famosa agenzia di Cipriani. Sono due episodi, 2001 e 2003. Il primo riguardava l’Inter, la verifica del rispetto contrattuale dei comportamenti di certi giocatori, non solo Vieri. Il secondo invece riguardava la Pirelli perché Vieri doveva fare il testimonial. In questo caso abbiamo controllato il suo traffico telefonico”.

Christian Vieri, ex calciatore, ha intentato causa contro la società di cui era dipendente e l’azienda di telecomunicazioni che secondo la sentenza di primo grado ne hanno seguito spostamenti, controllato tabulati telefonici, illegalmente tra il 1999-2000 e nel 2004. Il suo avvocato, Danilo Buongiorno, ha trasmesso la sentenza alla Giustizia Sportiva per chiarire se e come ci fu violazione dell’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva. Del principio di lealtà e correttezza.

Dossier illegali: Tavaroli, Moggi e quel computer in possesso di Auricchio



Giuliano Tavaroli era un esperto di sicurezza. Godeva di rispetto e di autonomia all’interno dell’azienda in cui ricopriva una funzione dirigenziale dopo essersi formato nella Sezione Speciale Anticrimine, reparti antiterrorismo del generale Carlo Dalla Chiesa, nell’Arma dei Carabinieri. Una carriera interrotta nel 1988, per entrare in Italtel. Un’esperienza che ha un inizio e una conclusione che coincise con il suo passaggio in Pirelli, società in cui si è occupato di security. La premessa inevitabile al suo ingresso in Telecom Italia, gestione Tronchetti Provera.


Non è di Tiger Team, rapporti con Marco Mancini – passato dall’Arma al Sismi -, appalti ad agenzie investigative o di geni dell’informatica che il processo sui dossier illeciti tratta. Non dei singoli aspetti che hanno assunto quasi una sorta di ritualità rivolta a costruire un personaggio su cui concentrare le attività investigative giornalistiche, distogliendo dallo scardinamento di un sistema di monitoraggio privato, di sfruttamento delle risorse finalizzate a una manipolazione di conoscenze funzionali ad affrancarsi. Ad assumere una posizione dominante.


L’accesso a questi singoli capitoli del procedimento che la procura di Milano ha imbastito va a descrivere una macro politica di gestione di informazioni e dati sensibili che ha fagocitato quanti in via diretta ed indiretta potevano essere investito dall’azione delle aziende riconducibili a Marco Tronchetti Provera e, come riferito dalle testimonianze di Tavaroli, a Massimo Moratti. Quanto asserito dal’ex responsabile Security, oggi, davanti alla Corte d’assise come testimone rafforza il quadro che ci è stato offerto dalle sue prime parole appena sei giorni fa quando nella stessa aula aveva imputato l’origine dell’operazione Ladroni ai vertici del gruppo. “L’operazione Ladroni mi venne commissionata dall’Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti”, aveva detto.


La conferma odierna dei sospetti che si fosse spiato anche Luciano Moggi, allora direttore generale della Juventus è inconfutabile. “L’attività – ha spiegato – nacque per verificare notizie su possibili frodi sportive che erano venute da un arbitro (Danilo Nucini, ndr). Vennero effettuate anche analisi del traffico telefonico di Luciano Moggi da parte di Adamo Bove (responsabile della sicurezza Tim, vittima di un misterioso suicidio). Tutti i risultati vennero poi portati a Giacinto Facchetti. Con Facchetti Moratti c’era stato un incontro a tre all’inizio della vicenda, poi non so se Facchetti riferì le risultanze a Moratti”.

Confermata anche quella attività di monitoraggio nei riguardi dei calciatori dell’Inter, su richiesta della proprietà come per Christian Vieri e Ronaldo. “L’Inter si rivolse a Tronchetti e a me, io misi in contatto Ghelfi con l’investigatore Cipriani”. Un aspetto, però, nella molteplicità di risposte in merito a quanto prodotto in quelle definite ‘attività’.



Riguarda quanto raccolto e rilevato nel computer sequestrato a Tavaroli il 9 maggio 2005 e spedito a Roma il 15 maggio 2005, precisamente alla seconda sezione in via Inselci, dove il maggiore Auricchio ha coordinato le indagini del processo Calciopoli. Quanto raccolto rimane ancora una materia solo accennata, anche oggi nell’aula bunker di San Vittore. 



Intercettopoli, quattro anni dopo

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